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La pèsca

La pèsca
Nicoletta Pagliai

I Greci la chiamavano “melon persikon” e i Romani “mela persica”; si tratta della pesca, un frutto che arrivò in Italia agli inizi del I secolo e che ebbe un enorme successo. Le prime testimonianze su questo frutto succoso, profumato e molto dissetante provengono dalla Cina, dove già 3000 anni fa era rappresentato nelle pitture e sulle porcellane decorate, era citato nelle poesie ed era considerato simbolo di lunga vita e immortalità.

 Il pesco era coltivato in Persia negli orti del re e i Greci lo conobbero molto probabilmente nel IV secolo a. C., durante la grande spedizione militare organizzata da Alessandro Magno per sconfiggere definitivamente l’Impero Persiano.

Un procedimento mentale e culturale che si è ripetuto spesso nella storia, è quello di assimilare le novità a ciò che conosciamo meglio, e per questo motivo la pesca era chiamata mela persica. Questo frutto è descritto, infatti, come un particolare tipo di mela o prugna (un nome alternativo dato dagli antichi era appunto quello di prugna persica), ritenuta più nutriente dei frutti consueti.

Alessandro Magno amava tanto questo frutto che importò gli alberi di pesco anche in Egitto e volle incoronare i vincitori con i suoi rami.

Per i Romani, così come per i Greci, i banchetti rappresentavano il momento centrale di molti riti sociali e tutte le pietanze erano presentate in maniera scenografica, un po’ come ci racconta Petronio a proposito del banchetto di Trimalchione, dove il dessert era una statua di pasta dolce rappresentante Priapo che sorregge nel grembo della veste ogni genere di frutta: mele, pere, uva, fichi, meloni, melagrane, datteri, nespole, noci e naturalmente le pesche.

Palladio, l’ultimo autore di agronomia dell’antichità classica, vissuto nel IV secolo, racconta che secondo i Cristiani quest’albero offrì la sua ombra a Gesù mentre fuggiva con i genitori in Egitto e per questo, l’ultimo imperatore pagano, Giuliano, che odiava i Cristiani e che tentò senza successo di restaurare la religione romana, ordinò che gli alberi di pesco fossero sradicati in tutto l’impero. per fortuna la fama di questo frutto era tale che la coltivazione della pesca si sviluppò per tutto il Medioevo e il Cinquecento; le varietà più rinomate erano la “Poppa di venere” a pasta bianca e la “Cotogna di Rosano”, gialla, entrambe coltivate nei frutteti della Toscana. Due pesche settembrine molto apprezzate ancora oggi.

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