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La decifrazione dei geroglifici (I parte)
Senatori Romani
Il risveglio nell’Impero romano

La decifrazione dei geroglifici (II parte)

La decifrazione dei geroglifici (II parte)
Nicoletta Pagliai

La stele di Rosetta spianò la strada a Champollion, il quale dimostrò che la scrittura geroglifica era un sistema ibrido, in cui coesistevano ideogrammi e segni con una funzione puramente fonetica e completamente scissa dall’immagine rappresentata.

Il geroglifico comprendeva 24 segni alfabetici veri e propri, alcuni segni dal valore pluriconsonantico (bilitteri e trilitteri)  e un gruppo di ideogrammi senza valore fonetico (determinativi), usati per classificare le parole così da eliminare possibili ambiguità. Un unico geroglifico, infatti, può fungere da ideogramma, da determinativo e da fonogramma senza alcun rapporto apparente con l’immagine evocata dal disegno.

L’alfabeto egizio

I segni monoconsonantici (o alfabetici), furono inventati dagli Egizi per offrire un aiuto alla lettura degli ideogrammi, per aggiungere elementi grammaticali a una radice e per permettere la trascrizione di parole difficili da rendere con immagini, come le preposizioni e le particelle grammaticali.

Ma gli Egizi usavano l’alfabeto anche per trascrivere i nomi stranieri, e fu proprio da qui che Champollion partì per decifrare i geroglifici!

Egli capì che i nomi dei re non egizi che si trovavano nei cartigli della stele di Rosetta erano scritti con segni fonetici (come in greco) e che i nomi femminili erano accompagnati da un suffisso di genere. Confrontando i cartigli, quindi, riuscì ad assegnare a ogni segno un valore fonetico e scoprì anche che i geroglifici potevano essere letti da destra a sinistra e viceversa, o dall’alto verso il basso e al contrario, a seconda della direzione cui erano rivolte le figure.

Successivamente, Champollion analizzando l’iscrizione bilingue dell’obelisco di File, tradusse i nomi di tutti i governatori stranieri d’Egitto, e, nel 1822, studiando le iscrizioni del tempio di Abu Simbel, riuscì a decifrare i cartigli dei faraoni egizi.

Le fasi della decifrazione

Champollion iniziò isolando il più semplice dei sei cartigli presenti sulla stele di Rosetta, quello con il nome di Tolomeo V, e confrontandolo con il demotico, riuscì a trovare i segni P – T – O – L – M – Y – S.

I significati assegnati ai segni furono poi confermati dai cartigli di Tolomeo VIII e di Cleopatra che si trovavano sull’obelisco di File. In entrambi i cartigli i segni  corrispondenti alle lettere  p, o e l (in rosso nell’immagine seguente) erano esattamente nelle posizioni in cui Champollion si aspettava di trovarli.


Nei mesi successivi traslitterò e identificò i nomi Alessandro, Berenice, Tiberio, Domiziano e Traiano, e alcuni titoli imperiali come autocrate, cesare e sebastos.

A questo punto il problema era risolto, almeno per quello che riguardava il periodo greco-romano; ma cosa accadeva per gli altri periodi? I geroglifici delle età precedenti erano in parte alfabetici, o erano solamente figurativi, come Champollion aveva spesso sospettato?

La svolta

La risposta arrivò il 14 settembre 1822, quando il giovane egittologo ricevette dall’architetto Jean-Nicholas Huyot le copie dei bassorilievi dei templi egizi, che finalmente cancellarono ogni suo dubbio.

Il primo cartiglio che Champollion analizzò proveniva dal tempio di Abu Simbel. In esso, riconobbe alcuni segni che aveva già individuato nei cartigli analizzati precedentemente (in rosso nell’immagine seguente) e il segno che rappresenta il sole, in copto re (in blu).

La decifrazione dei geroglifici (II parte)


Il nome del re Ramesses attraversò come un flash la mente di Champollion, e lesse re-?-s-s. La sua intuizione fu confermata pochi minuti dopo dall’osservazione del cartiglio seguente, dove l’ibis di Thoth è seguito dai segni che lui aveva ipotizzato di leggere mes.

La decifrazione dei geroglifici (II parte)


Questo era sicuramente il cartiglio del re Tutmosi della XVIII dinastia!

Champollion trovò anche la conferma del valore del simbolo evidenziato in viola nella stele di Rosetta, dove questo geroglifico era parte di un gruppo corrispondente al greco γενέθλια (ghenethlia), una parola che subito gli ricordò il copto misi, mose, “partorire”.

A queste scoperte ne seguirono molte altre, e nel 1824, Champollion presentò il suo Resoconto del sistema geroglifico, aprendo le porte all’egittologia moderna. Nel 1828 realizzò il sogno di andare in Egitto partecipando alla spedizione franco-toscana, ma nel 1832 morì a soli 41 anni. Nonostante la sua breve vita, la sua conoscenza della lingua Egizia era così profonda che, tra il 1836 e il 1844, furono pubblicati postumi una grammatica e un dizionario della lingua egizia, redatti dallo stesso Champollion.

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