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Roma – l’ellenizzazione dell’arte e della religione nel III secolo a.C.
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La cesura fra mondo romano e Medioevo

La cesura fra mondo romano e Medioevo
Davide Ferrari

Pensare al Medioevo come a un’età buia, di regresso culturale, sociale e politico è troppo semplicistico.

Certo, il Medioevo è stato un periodo storico dai caratteri originali rispetto alla Roma politicizzata, di tradizione repubblicana fondata su un’impero civilizzatore, tuttavia, il Medioevo rappresenta la parte finale, o quanto meno la mutazione di quei valori e di quei sistemi che connotarono l’età romana.

Troppo semplicistico anche definirlo come un periodo di transizione tra un prima e un dopo. Quale periodo non è un periodo di transizione? Il Medioevo è un periodo storico che merita uno studio approfondito in quanto rappresenta lo sganciarsi delle popolazioni del continente europeo, inteso in senso fisico, dalla dimensione dell’antichità, connotata dalla distinzione, originata dal pensiero greco, fra cittadini e barbari, e nel quale si forma una società caratterizzata dal cristianesimo, un elemento collante che diverrà presto di portata mondiale.

Come sappiamo il Medioevo è quel periodo storico che canonicamente va dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente, fissata per convenzione nel 476 d.C. alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo (1492).

Roberto Lopez (2004) analizza, con una lucidità intellettuale invidiabile, quali furono le cause della caduta dell’Impero romano d’Occidente, il primo elemento periodizzante del Medioevo.

Secondo l’autore “la morte violenta dell’Impero d’Occidente è da escludersi” e con ciò intende dire che essa non si è verificata per l’incursione armata e belligerante di popolazioni barbariche entro i confini imperiali, impresa se non impossibile, almeno di difficile attuazione in tempi ridotti, considerando la scarsa organizzazione militare  di genti quali Avari, Burgundi, Longobardi e Franchi.

Secondo Lopez la caduta dell’Impero d’Occidente avviene per cause congiunturali difficilmente semplificabili e che meritano una propria analisi approfondita.

Esse possono essere così riassunte:

  1. Crisi economica.

Crisi generata da una stagnazione dell’economia imperiale che non dava al commercio la stessa importanza che invece attribuiva al possedimento terriero.

Sostanzialmente la professione del mercante era vista come sordida, così come l’artigianato. Solo il grande proprietario terriero era ritenuto un uomo rispettabile che poteva dire la sua nella giungla del Senato e delle famiglie patrizie.

Gli stessi mercanti, una volta arricchitisi col commercio, investivano i loro profitti in beni immobili solo per arrivare a sedere in Senato, non sfruttando la propria esperienza e i propri “capitali” nel commercio.

Questo accumulo di proprietà terriere, e quindi una produzione agricola sovrabbondante portò, specialmente dopo il periodo della famosa anarchia militare, alla stagnazione dell’economia e a una sorta di recessione alla quale gli imperatori sopperiroro. La svalutazione della moneta che ne derivò incoraggiò la plebe, gli artigiani e quelli che noi chiameremmo consumatori alla tesaurizzazione delle proprie risorse monetarie, non consumando e lasciando invenduta la sovrabbondanza agricola.

  1. Crisi delle città.

Dopo gli sconvolgimenti dell’anarchia militare, molte città imperiali decisero di fortificarsi avviando grandi opere pubbliche troppo costose, e per questo motivo ebbero difficoltà a pagare i prodotti agricoli che erano coltivati fuori città e venduti nei mercati, incoraggiando involontariamente la plebe a stabilirsi nelle campagne. Nelle città rimasero così soltanto i grandi latifondisti che, è bene ricordarlo, non solo erano dei grandi proprietari terrieri ma ricoprivano anche incarichi dirigenziali e amministrativi all’interno delle città.

  1. Comparsa del cristianesimo ed eccessivo autoritarismo imperiale.

La comparsa del cristianesimo, che originariamente fu una religione perseguitata e quindi causa di conflitti interni, si dimostrò un elemento destabilizzante per la società romana.

Il cristianesimo avanzò nei territori imperiali con tale forza da connotarsi come un elemento fortemente destabilizzante per il mos maiorum; ne derivò una crisi culturale interna, acuita dal volenteroso proselitismo cristiano che acquistò sempre più adepti anche fra i patrizi che, sebbene attratti dalla promessa di rinascita e la conquista del paradiso, sfruttarono il cristianesimo come strumento di ascesa sociale nelle città, che del resto contribuì anche a ripopolare.

Se da un lato ci fu una causa esterna come il cristianesimo a complicare la situazione, l’autoritarismo imperiale e la gigantesca macchina burocratica dell’impero fecero sì che essa diventasse ingestibile.

L’impero romano era fondato sulla burocrazia, l’unico strumento col quale riuscivano a controllare aree così vaste. La burocrazia romana era una macchina perfetta ma troppo complicata e delicata e quindi difficile da mantenere intatta.

  1. Crisi dell’esercito.

L’esercito romano, finita l’età dell’espansione militare, si assestò su un ruolo di stanziamento e di controllo dei confini imperiali.

Questa situazione di relativa immoblità creò malcontento fra le truppe e i veterani si videro assegnare terre da condividere con le popolazione barbare foederate di roma, popolazioni alle quali era permesso, mediante il pagamento di tributi, risiedere a ridosso o entro i confini imperiali.

Naturalmente per meglio sfruttare la situazione, l’autorità imperiale pensò di coinvolgere queste popolazioni entro l’esercito che sorvegliava i confini, causando o favorendo, dipende dai punti di vista, un’imbarbarimento dell’esercito. Sempre più spesso infatti i generali o i comandanti delle legioni erano barbari.

  1. Movimenti migratori.

Le popolazioni assestate sui confini subirono la spinta di altre popolazioni che si spostavano da est verso ovest e verso sud per l’avanzata degli Unni, un popolo barbaro votato alla guerra.

Questo riversamento di genti (Longobardi, Avari, …) fece collassare il sistema delle frontiere, permettendo lo stanziarsi di genti barbare molto in profondità, entro i territori imperiali della penisola italica.

Riassumendo così le “malattie” che affliggevano l’Impero romano d’Occidente ormai da circa un secolo si può capire come esso alla fine abbia ceduto.

La destituzione di Romolo Augusto nel 476 d.C da parte di Odoacre non creò panico, anzi si può dire che in alcune zone dell’impero tale avvenimento non venne avvertito minimamente a causa delle varie preoccupazioni che affliggevano la popolazione dell’impero.

Dire che il Medioevo fu un periodo storico ben diverso dall’epoca imperiale è sicuramente vero, ma bisogna capire anche le motivazioni.

Dobbiamo pensare al mondo romano non come a un castello di carte che crolla per la sua fragilità in un battito di ciglia, ma a un mondo talmente complesso, a una macchina statale tanto articolata che a un certo punto si inceppa e per la quale le molteplici soluzioni esistenti sono difficilmente applicabili.

Potremmo definire la società romana come una società rigida, inglobata entro il suo schema di funzionamento. Affermare, per esempio, che i mulini sono un’invenzione medievale è sbagliato; la tecnologia applicabile al lavoro era conosciuta già in epoca romana, ma non c’era nessun tipo di interesse nello sfruttarla per via della rigidità del sistema e per un’abbondanza di manodopera che rendeva inutile l’utilizzo di una tecnologia atta a migliorare la vita lavorativa.

Le popolazioni barbariche, protagoniste del Medioevo, portarono invece una ventata d’aria fresca. Erano società semplici, per niente burocratizzate, poco alfabetizzate che ragionavano secondo una mentalità militare; erano macchine meno complesse, e per questo riuscirono a sopravvivere alla crisi generalizzata dell’ultimo secolo dell’Impero.

Noi siamo portati a pensare al Medioevo come a un’età buia, di regresso e di transizione, ma è grazie a questo periodo che si forgia una cultura europea più variegata.

Il Medioevo rappresenta la caduta di un mondo, quello antico, che era giunto alla fine del suo ciclo, e pensare all’età di mezzo come a un periodo di oscurantismo, bigottismo e regresso è fuorviante e non costruttivo.

Il Medioevo ha dovuto ricreare un mondo e lo ha fatto con gli strumenti che aveva a disposizione, primo fra tutti il cristianesimo. Negare la sua importanza definendolo “periodo buio”, adottando una visione illuministica, pensarlo solo come un’età di cavalieri e di dame in termini romantici è riduttivo.

Il Medioevo è stato fondante per la costruzione degli stati nazione europei e delle stesse identità nazionali; che questo sia stato un bene o un male è opinione personale di ognuno di noi, ma che esso sia stato fondamentale per la storia dell’Europa e che abbia contribuito a plasmarne la cultura è innegabile.

Bibliografia:

Lopez R. S. (2004) Nascita dell’Europa. Storia dell’età medievale, Il Saggiatore.

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