La lingua, che le scritture dell’antico Egitto ci hanno tramandato, appartiene alla famiglia delle lingue camito-semitiche (o afro-asiatiche) diffuse, come mostra l’immagine a sinistra, in una vasta area che va dal Vicino Oriente all’Africa settentrionale. L’esatta posizione dell’egizio tra le lingue semitiche o camitiche però non è facile da definire: i suoi rapporti con le lingue nord-africane, berbere essenzialmente, appaiono vaghi e indefiniti, ma presenta anche molte caratteristiche estranee alle lingue semitiche. È probabile quindi che le lingue o i dialetti nord-africani con cui condivideva gli aspetti estranei al gruppo semitico, siano oggi completamente scomparsi.
L’egizio è una lingua antichissima, probabilmente la più antica di cui si abbiano attestazioni scritte, e nei suoi oltre 4000 anni di storia (dal III millennio a.C. al XIV secolo d.C.) ha subito molti cambiamenti, a volte meno rilevanti, altre volte invece molto profondi. Per questo si tende a considerare due stadi principali dell’evoluzione: il primo che comprende egizio arcaico, antico e medio (o classico), e il secondo neoegizio, demotico e copto. In generale, conoscendo la scrittura di uno stadio, è possibile capire anche i testi delle altre scritture dello stesso stadio, mentre sarà impossibile capire quelle dell’altro stadio. Ad esempio, conoscendo l’egizio medio sarà possibile, seppur con qualche difficoltà, capire l’egizio antico, ma non il demotico.
Secondo gli antichi egizi l’invenzione della scrittura era un dono divino del dio della luna Thot, protettore delle scienze, della scrittura e degli scribi, e gli egizi chiamavano la loro scrittura mdw-ntr (medu-neter), ovvero “parole divine”, definizione tradotta con il termine di origine greca “geroglifici”, di significato analogo; questa parola infatti deriva dalla locuzione hieroglyphikà grámmata, che significa “lettere sacre incise”.
Per questo motivo, il geroglifico era usato per i testi religiosi, le iscrizioni storiche e politiche e le biografie, così da immortalarle per l’eternità; per tutti i testi non destinati a durare in eterno, gli egizi usavano un altro tipo di scrittura, lo ieratico, una sorta di “scrittura corsiva”, semplificazione del geroglifico, che si è sviluppata pressoché nella stessa epoca. In età greco-romana, questa scrittura era ormai appannaggio della classe sacerdotale colta, in grado di leggere e trascrivere in quella scrittura i testi religiosi antichi, ma in origine lo ieratico nacque per esigenze amministrative e di contabilità dello Stato e, in generale, per la vita quotidiana.
Dall’immagine sopra, che mostra lo stesso testo scritto in geroglifico e in ieratico, si capisce che l’aspetto grafico dei testi ieratici era suscettibile di variazioni molto sensibili, a seconda del tipo di testo e della mano della scriba, un po’ come per la nostra scrittura a mano; in questo caso, alcuni segni, per esempio il monolittero m (in blu), ripetuto spesso nel testo, e il bilittero mr (in verde), sono facilmente individuabili, altri, invece, sono quasi irriconoscibili.
Pertanto, sia lo ieratico che il successivo demotico, entrambe scritture corsive, mostrano un grado di diversificazione nel tempo e nello spazio (centri diversi svilupparono diverse tradizioni scribali) più sensibile di quello percepibile nel geroglifico, e per esse valgono tutte le osservazioni che potremmo fare per le nostre grafie corsive manuali. È evidente che la differenza tra un testo destinato a un uso personale, magari scribacchiato rapidamente dove capita, e uno rivolto ad altri può essere molto significativa. Lo stesso si può dire per le differenze stilistiche tra un testo letterario o religioso, magari scritto con la grafia impeccabile di un amanuense, e uno di contabilità che avrebbe mostrato invece molte legature e abbreviazioni.
Intorno al VII secolo a.C., il centro del potere si spostò nel Basso Egitto e lo ieratico, sviluppatosi a Tebe e in Alto Egitto, cedette il posto al demotico, una scrittura rapida ed elegante. In ogni caso, lo ieratico non si estinse e, come il geroglifico, continuò a coesistere con le altre forme grafiche, specializzandosi come scrittura letteraria e religiosa.
Anche il demotico lasciò presto il posto ad una nuova scrittura e, anche se le ultime iscrizioni demotiche risalgono al V secolo d.C., già tra II e III secolo era ormai giunto alla sua fine. Con l’introduzione dell’alfabeto greco, arricchito di alcuni segni speciali derivati dal demotico per rendere i suoni estranei alla fonetica greca, esso fu soppiantato dal copto, usato ancora oggi nella liturgia della chiesa egiziana.
Di seguito la parola “Egitto” ( Keme(t)), scritto nelle quattro scritture:
In ogni caso, conoscendo l’egizio classico si ha accesso (con maggiore o minore difficoltà in base all’epoca, e a volte anche allo scriba) alla maggior parte della letteratura egizia, sia sacra che profana. Infatti, tutti questi cambiamenti, che la lingua egizia ha subito nel corso della sua lunghissima storia, riguardano quasi esclusivamente la lingua popolare, usata nel parlato e nei testi privati (lettere, contratti, …); mentre nella letteratura, nei documenti ufficiali e nei testi sacri si continuò a usare l’egizio classico (geroglifico e ieratico) almeno fino alla fine del Nuovo Regno. In epoca tolemaica i geroglifici erano ormai comprensibili solo ai pochi sacerdoti superstiti dell’antica religione egizia e, successivamente, quando l’impero bizantino vietò i culti pagani, la storia dei geroglifici terminò con un’iscrizione su un tempio dell’isola di File nel 394 d.C.