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Vasi canopi scoperti per caso

Vasi canopi scoperti per caso
Nicoletta Pagliai

Sopralluogo in un campo. Si imbattono in quattro vasi canopi usati per la mummificazione

È degli ultimi giorni la notizia del ritrovamento del tutto casuale di vasi canopi all’interno di un sito archeologico che ha sorpreso gli esperti a Beni Suef, una cittadina, che sorge sulle sponde del Nilo a circa 115 chilometri di distanza dal Cairo, che è stata già di recente sotto ai riflettori.

Qualche mese fa, infatti, su Egypt Independent usciva la sorprendente notizia di alcuni falsari che avevano creato ad hoc una necropoli antica con lo scopo di rivedere oggetti e manufatti spacciati per reperti di valore.

Allora i malfattori avevano proprio pensato a tutto: dipinti, statue, lingotti in gesso, finte tombe e pitture sulle pareti ricopiate dalle immagini ritrovate sui libri di storia e arte. Insomma una truffa bella e buona finita per fortuna con l’intervento delle forze dell’ordine.

Oggi però una nuova luce sembra puntare su Beni Suef, e questa volta per un reale ritrovamento.

I dettagli del ritrovamento in Egitto

Ci troviamo a 15 chilometri di distanza dalla città, presso l’antica Eracleopoli, che sotto la IX e X dinastia (circa tra il 2160 e il 2040 a.C.) fu la capitale del Basso e Medio Egitto. Nei pressi della città antica corre il Bahr Yussef, uno dei bracci del Nilo. Dopo la riunificazione dell’Egitto, Eracleopoli perse importanza e tornò ad occupare un ruolo politico di rilievo solamente durante la XXII dinastia egizia, quando fu capitale di un regno indipendente.

Durante un sopralluogo, in modo del tutto inaspettato, gli esperti del Comitato dell’area archeologica di Ihnasia si sono imbattuti in quattro vasi canopi perfettamente conservati.

I vasi canopi, chiamati anche canopici, erano contenitori nei quali nell’Antico Egitto venivano conservate le viscere dei defunti, estratte dai cadaveri durante il processo di mummificazione. I vasi dei periodi più antichi sono fatti in pietra o in legno, mentre i più recenti sono in alabastro o in terra smaltata.

Il coperchio di questi vasi particolari, sempre e solo quattro, dalla forma allungata rappresenta ognuno un volto diverso in base al suo contenuto. I volti raffigurati sono quelli dei quattro figli del dio Horus. Secondo le credenze di questa antica civiltà, quest’ultimi infatti erano coloro che assistevano all’imbalsamazione del defunto e avevano il compito di proteggere con cura gli organi del corpo del morto. In particolare:

Amset aveva il compito di preservare il fegato, protetto dalla dea Iside;

Hapi custodiva i polmoni, preservati dalla dea Mephtys;

Duamutef proteggeva lo stomaco, affidato alla dea Selket;

Qebehsenuf sorvegliava gli intestini, protetti dalla dea Neith.

I vasi canopi venivano poi riposti vicino al sarcofago in modo tale da completare il corpo il quale veniva privato solo del cervello. L’unico organo a rimanere all’interno del cadavere era il cuore.

Il governatorato di Beni Suef ha reso pubblica la notizia del recente ritrovamento avvenuto qualche giorno fa mentre si era intenti a ripulire il sito archeologico dalle erbacce nell’area di Ehnasya el-Medina.

I quattro vasi rinvenuti sembrerebbero essere stati realizzati in alabastro; le facce, invece, in materiale calcareo. Come da tradizione, i volti sono raffigurati in sembianze di falco, sciacallo, babbuino e uomo mummificato.

fonti:

viaggi.nanopress.it

stilearte.it

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