I due secoli successivi alla cacciata dei Tarquini ci sono noti solo per grandi linee, a causa delle poche fonti letterarie e archeologiche giunte fino a noi, ma anche a causa delle gentes che hanno riscritto la storia per darsi antenati famosi, inserendo nei Fasti antenati fittizi.
I pontefici iniziarono a redigere e a pubblicare i Fasti consulares solo nel 296 a.C., e per il periodo precedente costruirono una lista di pseudo-antenati delle grandi famiglie dell’epoca. La storia degli inizi della Repubblica quindi è stata in parte falsificata da personaggi particolarmente influenti che volevano il loro nome associato a qualche evento significativo che aveva portato alla libertà e alla nascita della Repubblica.
Gli storici moderni hanno cercato di distinguere la verità dalle falsificazioni, ma restano molti interrogativi soprattutto sul cambio di regime: il passaggio dalla regalità a un regime nel quale il potere è esercitato da magistrati eletti.
Questo fenomeno non è tipicamente romano ma è comune ad altre città del Lazio, dell’Etruria e dell’area osco-umbra, dove il rex è sostituito da un magistrato o da un gruppo di magistrati. A Roma sembra che inizialmente abbia governato un praetor maximus, figura politica ereditata dagli etruschi (zilath = pretores). Dal 449, dopo il decemvirato, i pretori furono sostituiti da due consoli.
Queste trasformazioni sono avvenute tra guerre e conflitti interni, e in parte furono proprio questi avvenimenti a determinare dei cambiamenti così profondi.
Secondo l’annalistica, gli anni dal 509 al 474 (battaglia di Cuma) sono ricchi di importanti avvenimenti politici e militari. Dopo la cacciata di Tarquinio e la guerra contro di lui, si posero problemi di frontiera con tutte le città latine vicine (Ardea, Aricia e soprattutto Tuscolo), ma anche con gli Etruschi e con i Sabini. Da questa situazione derivarono la guerra contro i Latini, terminata nel 496 con la vittoria romana e la stipula di un trattato di alleanza, quella contro i Volsci e quella contro i Sabini, le cui incursioni in territorio romano si erano moltiplicate e durarono fino al 448.
Tra il 509 e il 486 Roma si trovò ad affrontare una forte agitazione politica, in particolare la secessione della plebe nel 494, seguita dalla nomina dei primi tribuni della plebe. Dai Fasti sappiamo che tra il 509 e il 486 ci furono 12 tribuni plebei, ma tra il 485 e il 470 non ce ne fu neppure uno a causa della serrata patrizia, che corrispose all’arrivo al potere dei Fabii.
Nel 451 fu eletto un collegio di dieci magistrati straordinari (decemvirato) con pieni poteri per redigere una costituzione e un codice di leggi. Nel 450, per terminare il lavoro, fu eletto un altro collegio decemvirale dove figuravano anche plebei. Furono redatte 10 tavole nel 451 e 2 nel 450.
La legge fu riprodotta su 12 tavole di bronzo e affisse nel Foro, ma purtroppo di questa legge ci sono giunti solo frammenti.
Lo scopo della legge era quello di far trionfare l’uguaglianza tra tutti i cittadini. In particolare vengono fissati:
- I diritti privati dei cittadini (la proprietà e la famiglia sono riconosciuti come fondamenti dell’ordine sociale): dopo un certo periodo di uso la possessio può diventare proprietas. Se però si tratta di fondi rurali o bestiame è necessaria una procedura formale (mancipatio), in presenza di testimoni.
- I principali crimini: furto, danneggiamento di raccolti e falsa testimonianza.
- I limiti della potestà del padre: il capofamiglia governa solo la familia (moglie e figli) e non l’intera gens, e la sua potestà è ridotta da una certa emancipazione della moglie; inoltre il padre può vendere i figli solo 3 volte, poi sono emancipati (liberi).
- La giustizia di Roma viene resa accessibile a tutti.
- La pena di morte può essere stabilita solo dai comizi centuriati.
- Per i crimini comuni (omicidio per sortilegio, incendio volontario, falsa testimonianza, …) e per i crimini politici non c’è più la giurisdizione del console: i consoli mantengono il potere coercitivo, amministrativo e poliziesco.
- Le due ultime tavole impediscono il matrimonio tra patrizi e plebei: il patriziato appare come una casta.
La legge delle XII tavole fu sottoposta ai comizi centuriati che la votarono. Questa fu così la prima legge votata (lex rogata).
La restaurazione della Repubblica portò al potere i due consoli L. Valerio e M. Orazio che secondo la tradizione nel 449 fecero votare 3 leggi (leggi Valeriae Horatiae) con le quali la costituzione romana diventò patrizio-plebea.
Le tre leggi prevedevano:
- Il riconoscimento e la conferma dell’inviolabilità dei tribuni.
- Il riconoscimento dell’autorità ufficiale dei plebisciti (decisioni dei concilia plebis); di fatto avranno forza di legge solo dal 286 (legge Hortensia).
- La rinuncia alla sovranità dei consoli, cioè sarà impossibile per il futuro creare una nuova magistratura senza appello al popolo.
E due importantissime innovazioni:
- L’introduzione della collegialità consolare.
- Il riconoscimento ufficiale dell’intercessione dei tribuni, cioè i tribuni possono bloccare una decisione dei consoli se la giudicano contraria agli interessi della plebe.
Le tre leggi riconoscono ufficialmente le conquiste della plebe, ma l’accesso della plebe al consolato (la magistratura suprema) non è ancora regolato: niente lo impedisce e niente lo autorizza.
Alcune famiglie dell’aristocrazia gentilizia cercarono di monopolizzare tutte le cariche repubblicane (serrata patrizia) e tra il 449 e il 435 ci furono infatti soltanto tre plebei nei collegi consolari.
Davanti alle rivendicazioni plebee il patriziato tentò un espediente istituendo i tribuni militari aperta ai plebei, con potestà consolare, muniti cioè di imperium. Questa magistratura però non dava diritto, al termine della carica, agli stessi privilegi del consolato (titolo consolare, posto d’onore in Senato, toga bordata di porpora e diritto di esporre le immagini degli antenati). Dal 444 al 367 ci furono tredici plebei tribuni militari. Secondo alcuni storici il tribunato militare fu istituito più per motivi militari che politici.
Dal 444 al 290 Roma fu impegnata in vari conflitti nel Lazio, contro i Galli, contro Veio e in Campania.
- Roma fu chiamata a esercitare un arbitrato in un conflitto tra Aricia (legata da un trattato di alleanza con la lega latina) e Ardea. Roma ne approfittò per inglobare il territorio di Corioli che le aprì la piana pontina.
- Nel 437 scoppiò un conflitto a causa di Fidene, che Veio teneva per controllare la via del sale (via Salaria) e il commercio del grano tra Campania e Etruria. Roma conquistò Fidene nel 435 e Veio nel 396, dopo un assedio di 10 anni.
- Ci furono anche 3 invasioni galliche tra il 390 e il 343:
I invasione (390 – 380): i Galli prendono Roma, ma si ritirano minacciati dai Veneti e dalle popolazioni alpine.
II invasione (358 – 354): i Galli prendono Felsina, raggiungono il Lazio e scendono in Apulia; i Romani li fanno ritirare, ma i Galli devastano l’Etruria lungo il cammino.
III invasione (347 – 343): Roma è di nuovo minacciata e viene salvata dal dittatore L. Furio.
Ultima minaccia (332 – 329): Roma ormai è diventata padrona del Lazio e della Campania e impose una pace di 30 anni ai Galli.
Le invasioni galliche ebbero effetti storici molto gravi a causa della distruzione di monumenti e archivi.
In Campania, tra il 390 e il 292, Roma impose un trattato di alleanza a Tusculum e sottomise le città latine. Roma si trovò quindi vicina ai Sanniti che, a partire dal V secolo avevano costituito uno stato campano con capitale Capua.
Nel 354 Roma stipulò un accordo con i Sanniti, ma nel 341 cominciò la I delle tre guerre sannitiche.
Tra il 327 e il 304 ci fu la II guerra sannitica, e tra il 298 e il 291 la III.
Furono tre guerre terribili alla fine delle quali Roma riuscì a sottomettere i Sanniti, ma subì anche delle sconfitte (per esempio alle Forche Caudine). Capua divenne un municipio federato nel 334 e poi fu annessa tra il 318 e il 312. La lega latina fu sciolta, venne creato uno stato romano-campano con un esercito comune e il Senato romano accolse le grandi famiglie campane. Iniziarono i contatti con le città greche della Magna Grecia e con Cartagine.
Nel 348 Roma e Cartagine conclusero un trattato che delimitava le zone di commercio e di colonizzazione delle due parti: Roma non poteva commerciare in Sardegna e in Africa, tranne che a Cartagine, mentre poteva nella Sicilia cartaginese.
Dal 377 la situazione politica si era aggravata a causa dei due tribuni della plebe, C. Licinio e L. Sestio, rieletti per 10 anni consecutivi che boicottavano le elezioni e bloccavano le azioni dei consoli con il loro veto.
Nel 367 il Senato accettò le “Leges Liciniae Sextiae” che risolsero:
- I problemi dei debiti con leggi contro l’usura e la riduzione dei debiti in corso.
- La questione agraria, limitando l’estensione del possesso di terreni dell’ager publicus, cioè del suolo conquistato e annesso e quindi di proprietà del popolo romano).
- Il problema dell’accesso al consolato: uno dei due consoli poteva essere un plebeo. Per la prima volta viene codificato l’accesso alla magistratura suprema.
Il patriziato cercò di reagire creando magistrature a loro riservate e dotate di poteri tolti ai consoli, ma nei decenni successivi anche i plebei ottennero di accedervi.
Nel 366 la pretura e l’edilità curule, aperte ai plebei rispettivamente nel 356 e nel 364; nel 356 la dittatura subito accessibile anche ai plebei e nel 443 la censura che fu aperta ai plebei nel 351.
Nel 300 cadde anche il divieto per i plebei di accedere al pontificato massimo.
Con il declino dell’antico patriziato si ha l’apparizione di famiglie patrizie più aperte che si alleano con le famiglie plebee. Contemporaneamente emergono alcune famiglie plebee per ricchezza e considerazione, così si forma una nuova nobilitas composta da patrizi e plebei con un avo che ha rivestito una magistratura curule (edilità, pretura e consolato).
Il nuovo stato di cose comportò delle conseguenze: il Senato non era più in mano ai patrizi e i plebisciti ebbero valore di leggi.
Tra il 318 e il 313 la legge Ovinia ampliò il potere dei censori alla redazione della lista dei senatori (album senatorium).
Questa lunga storia di conquiste politiche della plebe si concluse con la censura di Appio Claudio Cieco nel 312, che portò a due riformi istituzionali importanti: fece ammettere al Senato i figli dei liberti, riorganizzando la composizione delle tribù in modo da permettere agli humiles e ai liberti di potervisi iscrivere, e fece costruire la via Appia, da Roma a Capua, espressione delle mire espansionistiche di coloro che guardavano alla Magna Grecia ed esaltavano la grandezza di Roma.