La porta dei leoni era l’accesso principale alla città, così detta per le decorazioni sulla colossale architrave, pesante oltre venti tonnellate, con due leoni simmetricamente disposti ai lati di una colonna.
Essa fa parte del sistema di fortificazioni delle mura ciclopiche e non venne mai sepolta, anzi indicava il luogo dei resti di Micene quando l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann scavò la rocca e la necropoli.
Gli scavi effettuati da Schliemann a Micene, Tirinto e Orcomeno ci offrono un quadro abbastanza chiaro della cultura micenea; la scoperta, nel 1876, di sei tombe a fossa all’interno della rocca di Micene, permise di riportare alla luce un’enorme quantità di oggetti di valore, monili d’oro e splendide armi.
Le tombe erano le sepolture di membri della stirpe principesca di Micene: cinque dei nove uomini, forse una dinastia di sovrani, sepolti con otto donne e due bambini, portavano sul volto una maschera d’oro con diverse fogge di barba.
Al contrario che a Creta, la donna micenea non aveva alcuna importanza, anche se i gioielli con cui sono state sepolte alcune donne facciano pensare a una loro partecipazione alla vita di corte.