Digione_apertura del sarcofago
Scavi in centro a Digione
Costantino I, solido, zecca di LugdunumTicinum, 315 d.C.
La monetazione romana (II parte)

La monetazione romana (I parte)

La monetazione romana (I parte)
Nicoletta Pagliai

Il valore delle monete romane, e di tutte le monete antiche, era dato, a differenza delle monete attuali, dal loro valore intrinseco cioè dal valore del metallo con il quale erano realizzate.

In realtà, il valore delle monete era maggiore di quello del solo metallo in esse contenute: stime del valore di un denario, per esempio, vanno da 1,6 a 2,85 volte il suo contenuto in argento. Ovviamente, non tutte le monete in circolazione erano in metallo prezioso, per avere anche valori utilizzabili per un uso quotidiano. Nel I secolo d.C., per esempio, con un asse si poteva acquistare mezza libbra di pane.

Questo, però, portava a una contrapposizione tra monete con elevato valore intrinseco (sulla circolazione delle quali lo stato era particolarmente attento) e quelle che non ne avevano.

Questo si può constatare, per esempio, nella scarsa produzione di monete in bronzo dalla fine del periodo repubblicano.

La coniazione di monete in bronzo venne permessa a molte autorità locali, mentre questo non avvenne per le monete in metallo prezioso, usate per le spese per lo Stato che erano sempre di entità considerevole.

Oltre al riflesso economico, le monete ebbero anche un ruolo fondamentale nella propaganda politica in età repubblicana e ancor di più in quella imperiale.

L’evoluzione della monetazione romana

Agli inizi, la valutazione era fatta in capi di bestiame (pecus, da cui deriva la parola pecunia).

Progressivamente comparvero dei lingotti di bronzo (aes rude), un tipo di pre-moneta romana costituita da pezzi irregolari di bronzo.

Tecnicamente non si può ancora parlare di moneta perché non ne aveva la forma e mancavano segni che ne identificavano in qualche modo il valore e l’autorità che le emetteva.

Successivamente, a partire dalla prima metà del III secolo a.C.  l’aes rude iniziò a presentare delle figure stampigliate (aes signatum), una per lato, quasi una sorta di tipi primitivi: aquila che tiene un fulmine tra gli artigli su un lato e un Pegaso in volo dall’altro, una spada e una guaina, il lato esterno e quello interno di uno scudo, un elefante e un maiale, per citarne alcuni.

Il peso dei lingotti oscillava tra 1,150 kg e 1,850 kg, ovvero circa 5 libbre romane con un valore corrispettivo di 5 assi. L’aes signatum non aveva un valore facciale e quindi non aveva dei tipi fissi. Anche questi lingotti, come gli aes rude valevano quanto pesavano per questo venivano tagliati in base alle necessità.

Nel 289 compare la moneta di bronzo (aes grave), del peso di una libbra romana (324 g) con figure di Giano e Minerva; venne creato anche un collegio di tre magistrati responsabili della coniazione (tresviri monetales), con sede sul Campidoglio. I valori, indicati da segni, andavano dall’asse fino all’oncia.

A partire dal 235, sul rovescio dell’asse era raffigurata la prora di una nave, simbolo di una intensa attività marittima e del dominio dei mari. Questa moneta restò in vigore fino alla II guerra punica.

Nel 269 venne coniata la prima moneta d’argento, ma solo nel 214 si stabilisce un sistema di equivalenza tra la moneta di bronzo e quella d’argento con il denarius d’argento (1 denario = 10 assi, pari a 1/72 di libbra, ovvero 4,55 g), e aveva come frazioni il quinario (1/2 denario) e il sesterzio (1/4 di denario).

Nel 221 a.C. venne anche coniata un’altra moneta d’argento, il vittoriato con un valore pari a 3 sesterzi, di scarsa diffusione e usata quasi esclusivamente nei commerci con i Greci dell’Italia meridionale e con la Gallia.

Roma finalmente è dotata di una moneta ammessa sui circuiti commerciali esteri e nel Foro si installano gli uffici di cambio.

La produzione di monete in oro (aureo) avvenne in maniera sporadica prima della conquista della Gallia (e delle sue miniere) da parte di Giulio Cesare (58 – 52 a.C.). Le prime emissioni di aurei, ricalcando il sistema monetario greco per facilitare gli scambi con il sud dell’Italia e con l’Oriente, si ebbero nel 286 a.C. (peso dell’aureo = 6,81g) e nel 209 a.C. (aureo = 3,41 g).

I primi aurei realmente romani vennero coniati nell’87 a.C. da parte di Silla (con un valore di 1/30 di libbra,  pari a 9,11 g), seguiti da emissioni nel 61 a.C. da parte di Pompeo (con un valore di 1/36 di libbra e il peso di 9,06 g) e nel 48 a.C. da parte di Cesare (con un valore di 1/40 di libbra e il peso di 8,02 g).

Questi valori rimasero abbastanza stabili durante tutta la Repubblica, ad eccezione dei periodi bellici e il denario rimase la moneta più importante del sistema monetario romano fino alla riforma monetaria di Caracalla, nel 215.

Aes_Signatum

Aes signatum

Sesterzio

sesterzio
asse_Augusto

Asse di Augusto

Denario_Bruto

Un esemplare del rarissimo denario di Bruto, coniato nel 44 o 43 a.C. dai congiurati per “festeggiare” l’uccisione di Giulio Cesare delle idi di Marzo del 45 a.C.


L’esemplare di aureo di Bruto andato all’asta da Roma Numismatics Ltd. nel 2017, classificato da NGC come autentico e fior di conio.

E’ stato venduto per 2,7 milioni di sterline.

Aureo_Bruto


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